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SAN RUFO Porte Aperte 2016

IV Edizione - Piedimonte di Casolla (CE)


testo e foto di © 2016 Stefano di Stasio



25 APRILE, vi racconto una storia del Sud

ma dopo la prima parte della selezione di fotografie realizzata il 24/04/16 per la manifestazione San Rufo Porte Aperte 2016 dal sottoscritto Stefano di Stasio, blog-master di Parole e Fotografie. Dopo il racconto segue la seconda parte della selezione di fotografie del 25/04/16.








Cappella di San Rocco di Palazzo Cocozza. 
foto di © 2016 Stefano di Stasio







Chiesa di San Rufo Martire. 
foto di © 2016 Stefano di Stasio














Palazzo Vanore: GRAFFITI di LUCE. 
foto di © 2016 Stefano di Stasio


Progetto San Rufo rinasce, porte aperte 2016 IV edizione. 
foto di © 2016 Stefano di Stasio



25 APRILE, vi racconto una storia del Sud

Testo e foto sono © 2016 Stefano di Stasio

In questa giornata di festa per celebrare la liberazione dal giogo nazi-fascista e, più in generale, per festeggiare la vittoria dei movimenti di liberazione contro tutti gli invasori, vi voglio raccontare una storia, abbasso la voce. Senza pretese che sia realmente accaduta, ma chissà…

Correva l’anno mille del Signore. I Normanni, i Norsemen overo gli Uomini del Nord provenienti dalla Scandinavia, come li avevano chiamati gli inglesi dopo le loro prime razzie nel Wessex (l’assalto al monastero di Lindisfarne nell’a.d. 8xx segna l’inizio dell’epopea vichinga), gli abitanti della, avevano conquistato la Normandia, più con i matrimoni che con la spada. L’arguzia del re di Franconia e della nobiltà francese, infatti, aveva suggerito, di fronte all’imponente macchina da guerra rappresentata da questi guerrieri enormi per l’epoca (a Dublino è custodito in un museo lo scheletro di un guerriero normanno alto un metro e ottanta, quando la statura media dell’epoca in Europa occidentale era un metro e sessanta) e, inoltre, di una ferocia sanguinaria coniugata ad un’astuzia sopraffina e a ottime capacità di intessere operazioni commerciali, di conservare il controllo dei territori facendo legare in matrimonio i conti vichinghi con le loro figlie, in modo da ottenere, contemporaneamente, sia la garanzia della integrità del territorio sia la conversione ob torto colle alla religione cristiana da parte degli uomini del Nord. In fin dei conti una delle convinzioni vichinghe era che solo combattendo e morendo con valore si potesse accedere al paradiso degli dei, il Valhalla (dal norreno Valhöll), e dunque, imponendo loro il cambio di religione significava depauperare il loro arsenale bellico-emotivo. Dunque dopo l’assedio vichingo di Parigi e l’assetto normanno della regione a nord-est di Parigi, che si affaccia sul mare del Nord, poi conosciuta come Normandia, i Norsemen si diressero a bordo delle loro veloci e resistenti navi, i drakkar, verso sud, probabilmente costeggiando la costa francese nel golfo di Biscaglia e poi quella del Portogallo, oppure, come è più probabile, risalendo il corso di qualche fiume per poi viaggiare per un tratto a cavallo e ricostruire le navi una volta giunti di nuovo in vista della costa. Così arrivarono sulle coste dell’Italia meridionale, in particolare di quella Campania Felix descritta da Plinio il Vecchio, nella quale ogni coltura cresceva rigogliosa. I normanni, come tutti i guerrieri più forti della storia erano di origine contadina e, dunque, ben conoscevano il valore della fertilità della terra. Dalla costa del golfo di Napoli, sbarcati e organizzata la difesa del campo, un gruppo di cavalieri in arme e a cavallo si addentrarono verso l’interno in direzione nord-est, là dove più fitti si facevano i boschi di lecci e di querce. E scorsero, da lontano le pendici dei monti Tifatini alle falde dei quali trovarono gente pacifica e laboriosa, troppo povera per essere razziata e trucidata, e troppo esperta di colture agricole per non rappresentare un ambito alleato in tempo di pace. Matrimonio fra le due culture, quella autoctona di discendenza greca o osca, e quella normanna fu presto fatto. Ma davvero! Non solo come modo di dire. Ben presto, fanciulli con i capelli rossi e biondi, gli occhi azzurri, le spalle larghe e dotati di una insolita per quei luoghi, resistenza spaventosa alla fatica, cominciarono a trotterellare fra le colline e nei boschi attorno alla lingua di terra che parte da dove attualmente sorge Maddaloni e termina alle pendici del monte Tifata e più in là del monte Virgo, oltre il sito odierno di Castel Morrone, e delle prime propaggini del Matese a nord-est e delle terre del Volturno a ovest, o Volturnia, una dea osca che ne rappresentava la trasfigurazione divina del corso d’acqua creatrice di vita nei territori che attraversava.
I normanni si stabilirono naturalmente per motivi difensivi sulla sommità della collina e fondarono Casa Hirta, in una posizione naturalmente fortificata su due lati, in direzione sud-est dalle ripide pendici della collina e, alle spalle, in direzione nord- nord-ovest da una vallone naturale forse tagliato nel pendio dal corso di un antico torrente. I normanni costruirono un maschio in pietra calcarea atto alla difesa perché privo di parti in legno che potessero essere incendiate durante un assedio.
Essi si convertirono gradatamente al Cristianesimo, perdendo, come abbiamo visto sopra parte della loro ferocia e motivazione nel combattere. Il culto di Thor, dio del tuono e della guerra, fu sostituito da quello di Michele Arcangelo, raffigurato per l’appunto con elmo e la lancia mentre trafigge il drago. San Michele arcangelo diventerà poi il sano patrono di Maddaloni e di Caserta Vecchia come poi sarà chiamata in volgare Casa Hirta (dal latino Casa Fortificata).
Questo territorio non fu mai conquistato dai saraceni anche perché un ingegnoso sistema di segnalazione a vista, faceva sì che appena gli invasori fossero sbarcati nel golfo di Napoli, sarebbe partita una segnalazione (per es. con un certo numero convenzionale di impulsi di luce di torcia) che da Nola, sarebbe arrivata in un attimo al Castello di Cancello, da lì al sistema di torri e al maschio di Maddaloni e, infine da lì a Casa Hirta, permettendo con largo anticipo di organizzare il doveroso benvenuto agli invasori arabi. Dopotutto, anche se ora la zappa e gli altri attrezzi agricoli erano impiegati per la maggior parte del tempo, la spada, l’ascia e lo scudo erano stati ben conservati al riparo della luce. Sfuggita le invasione saracene, il mezzogiorno d’Italia andò incontro ad un periodo di relativa calma e prosperità, specialmente sotto il governo di Federico II di Svevia, il quale seppe concepire delle leggi giuste, fondare l’Università di Napoli, e governare con polso saldo terre che si estendevano dal ducato di Benevento, fino alla Apulia, per comprendere poi la Trinacria (Sicilia), terre queste ultime dove i saraceni non solo avevano organizzati eccidi di massa delle popolazioni conquistate (per esempio a Otranto dopo la conquista, il Saladino fece decapitare in un solo giorno 800 (ottocento) civili. Dopo la morte di Federico II la casata di Svevia mai più partorirà un uomo così dotto e sagace e, contemporaneamente, spero di guerra, appunto con il libro nella mano sinistra e la spada nella mano destra. Gl invasori spagnoli conquistarono l’Italia meridionale e fecero decapitare in piazza mercato a Napoli di fronte al santuario di Maria SS della Bruna, l’ultimo rappresentante della casata reale di Svevia, gli Hohenstaufen, appunto Corradino, duca di Svevia, re di Sicilia e di Gerusalemme.
Gli spagnoli governaro i nostri paesi Tifatini di mazza e panella, iniziando un florido commerci di seta (le sete di San Leucio) sono conosciute in tutto il mondo, imponendo tasse contenute e, soprattutto evitando di introdurre la leva obbligatoria per i giovani. I discendenti dei primo spagnoli intrapresero anche nel borgo di San Leucio esperimenti di comunità rurali socialiste, salvo poi a reprimere nel sangue nel 1799 i moti fomentati da intellettuali e ufficiali francesi post-rivoluzionari.
E venne poi l’incubo. I Savoia, il granducato più indebitato dell’intera Europa, arruolarono Garibaldi, ricoprendolo d’oro per poter corrompere gli ufficiali borbonici, durante e dopo il suo sbarco a Marsala. Negli anni successivi all’annessione dell’Italia meridionale al regno di Savoia, cioè dal 1860 al 1865, una eroica resistenza meridionale di persone a volte semplici, a volte notabili e avvocati, gli invasori assassinarono centomila persone nel meridione senza processo e senza possibilità di difesa, la maggioranza donne e bambini. Rappresaglie furono pianificate per distruggere interi paesi, come Pontelandolfo e Casalduni nel Beneventano, 15000 persone furono uccise solo nel 1861 cioè dopo il primo anno di annessione. Nel 1865 i resistenti meridionali furono costretti alla resa. I prigionieri furono spediti dai piemontesi a svernare senza acqua e con poco cibo nelle casematte alle falde delle Alpi con l’intenzione dichiarata di lasciar morire di fame e freddo i prigionieri del sud. Il governo sabaudo pensò bene di progettare una deportazione di massa di meridionali prigionieri in Borneo, ma alla fine il progetto fallì.
Ma perché vi sto raccontando tutto questo? Ah, sì, perché è il 25 Aprile. Su la testa amici! 

® riproduzione riservata. Testo e foto sono © 2016 Stefano di Stasio. La riproduzione, anche parziale, deve essere autorizzata per iscritto dall’autore




Basilica di San Pietro ad Montes. 
foto di © 2016 Stefano di Stasio













Le abitazioni di Piedimonte di Casolla. 
foto di © 2016 Stefano di Stasio





1 commento:

  1. https://it.wikipedia.org/wiki/Fondazione_di_Roma
    ... solo 4 giorni prima, 21 aprile, veniva fondata Roma.

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