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sabato 31 marzo 2012

EHEC

di Stefano di Stasio


"Mi chiamo Jürgen Swartzkopf, il mio numero di matricola è 323567. Appartengo ad una unità speciale del Robert Koch Institute di Hamburg incaricata di svolgere sorveglianza su possibili attacchi batteriologici da parte di terroristi. L’unità di sicurezza biologica fu istituita dopo l’11 Settembre 2001 per prevenire il rischio di attacchi di antrace annunciati dai combattenti della jihad islamica.

Quando questa storia è cominciata pensammo ad una trovata giornalistica per boicottare i prodotti vegetali importati da fuori la Germania. Il nostro paese ha bisogno di comprare vegetali prodotti all’estero solo durante l’inverno. Quando subentra la primavera la nostra produzione è in grado, da sola, di far fronte alla richiesta interna. Per questo pensammo che la notizia del batterio killer fosse una trovata per stroncare l’importazione dei cetrioli dalla Spagna. Era successo un caso analogo per le fragole che provenivano dall’Italia qualche anno fa. Qualunque persona istruita sa che i batteri Escherichia coli sono presenti normalmente nell’intestino degli animali, incluso l’uomo.
La variante O104:H4 fu individuata nel 2004 nell’intestino di una donna Thailandese. A quell’epoca non c’erano prove che fosse infettivo. Noi sapevamo, già dal 1990, che il ceppo O104 possiede due geni che hanno delle caratteristiche spaventose. Sono così mortali che molte persone infettate sperimentano l’insufficienza critica di un organo e semplicemente muoiono perché, per esempio un rene, esplode in una emorragia dei tessuti e smette di funzionare.

Selezionammo campioni prelevati dai rifiuti delle persone infettate qualche mese fa. Il nostro direttore Johan Katz fece chiamare tutto il nostro gruppo nei laboratori di Amburgo. Fu categorico. Herr Katz sa essere estremamente convincente. Ci disse che avremmo avuto al massimo quattro settimane per fare i nostri esperimenti. Poi ci avrebbe costretti, uno per uno, a ingurgitare campioni di tessuto infettato dal batterio. Mentre ci annunciava questa sua irrevocabile decisione, cominciò a tossire senza potersi fermare. Herr Katz è pericoloso quando non riesce più a parlare fluentemente. Diventa tutto rosso, si agita contorcendosi e cerca di inseguire con la bocca aperta quelle parole invisibili che gli scappano sotto il naso mentre la sua gola è sconvolta da colpi di tosse secca a ripetizione. Concluse con difficoltà il suo discorso. Suo padre era stato un generale della Wehrmacht durante la seconda guerra mondiale. La tosse si interruppe e poté continuare: "Il mio onore, l’onore dell’Istituto che ho il privilegio di dirigere, viene prima di tutto. Se dovesse continuare a colpire, non ci sarà posto sufficiente per il batterio assassino e i vostri ridicoli posti di lavoro. Un ricercatore che non riesce a fronteggiare la calamità, sa bene cosa gli rimane da fare! Credo di non dover aggiungere altro."

Mi misi al lavoro. Fuggire non sarebbe servito a niente. Tutti i ricercatori dell’istituto non possedevano averi o denari. Pagavano tutto con una carta di credito dell’amministrazione e dormivano in case il cui affitto era pagato dall’istituto. Anche il passaporto era depositato nella cassaforte della contabilità.
Dopo una settimana io e i miei colleghi ci rendemmo conto di avere a che fare con il peggiore incubo della ricerca in microbiologia. Il batterio O104: H4 era un clone del Escherichia Coli enteroaggregante, perciò possedeva delle sonde che lo rendevano capace di ancorarsi alle pareti intestinali e ne rendevano impossibile l’espulsione per mezzo delle feci. Nei pazienti contaminati la tossina produceva la sindrome emolitico-uremica e da qui la morte.
 
Ci cominciammo a chiedere come potesse essere successo. Dovevamo risalire al laboratorio che l’aveva prodotto per capire con quale tipo di coltura era stato generato. Solo studiando un agente di blocco della coltura avevamo speranza di bloccare la proliferazione del batterio killer. Ogni tanto Herr Katz veniva a visitare i laboratori e con un pennarello nero spuntava la data sul calendario, giorno dopo giorno, in una specie di cinico count down dei fatidici ventotto giorni che ci aveva concesso, prima che dovessimo effettuare la "autocontaminazione dell’onore", come l’aveva battezzata.
Franz, che è il mio collega più fidato, mi riferì un particolare che mi fece trasecolare. Disse che una volta nel laboratorio era capitato che lui avesse in mano dei vetrini ottici. Aveva incrociato Herr Katz che aveva improvvisamente cominciato a tossire. Si era dunque recato nel gabinetto di microscopia e, inavvertitamente, aveva notato che qualcosa era stato sparato sui campioni direttamente dalla bocca di Herr Katz. Gli ingrandimenti a quattromila lineari rivelavano che si trattava di microorganismi invisibili a occhio nudo che avevano la forma di un bozzolo cilindrico sostenuto da dieci minuti tentacoli. Non riuscivamo a capire, sembrava che fossero stati generati da una di quelle piante che si propagano per sporogenesi, allorché il frutto maturo dell’infiorescenza esplode e, come un cannone, diffonde nel vento le spore per la riproduzione.

Non eravamo soddisfatti. Decidemmo di andare a fare visita presso l’abitazione del nostro capo approfittando di una sua breve trasferta negli Stati Uniti. Io e Franz scavalcammo la recinzione della sua villetta di Dubendorf alla periferia di Amburgo. Sul retro della casa c’era una specie di serra. All’apparenza sembrava una di quelle che milioni di famiglie usano in Germania per coltivare la lattuga nei mesi invernali. Poi ci sporgemmo bene per vedere. All’interno, disposte in maniera ordinata con dei sofisticatissimi display di sorveglianza, c’erano centinaia di provette in cui crescevano degli strani germogli. Facemmo per entrare. E fu allora che siamo stati catturati.".

Jürgen Swartzkopf fece una pausa. Non aveva più forze. L’interrogatorio era durato diverse ore. Il sudore gli inzuppava la camicia. I lacci con cui era stato immobilizzato, gli avevano acceso dapprima un formicolio nelle gambe giù fino alle caviglie e poi una preoccupante sensazione di paralisi. Era sconvolto. Si decise a tentare di chiedere un bicchiere d’acqua a quello strano essere che lo sorvegliava a vista.

Di fronte a lui, un enorme e viscido organismo a forma di germoglio di soia con due gemme che sembravano occhi e quattro arborescenze laterali che usava come mani, lo osservava senza tradire alcuna emozione. In mezzo alle gemme una piccola fessura da cui sporgeva una lingua blu dalla quale l’essere emetteva ritmicamente dei sibili sommessi. Il germoglio gigantesco si sporgeva in avanti come per studiare le reazioni di Jürgen. Non rispose alla sua richiesta di acqua. Dopo qualche minuto sopraggiunse un altro germoglio gigante. Jürgen lo riconobbe, era lo stesso che gli aveva rivolto le domande dopo la sua cattura. Sembrava una riproduzione ingigantita delle gemme di fagioli neri della varietà Mung. Aveva una infiorescenza rossa sul corpo principale alla base delle alette. Era il capo di quella unità, parlava tedesco. Si rivolse al germoglio soia e disse: "Questo qua ha già vuotato il sacco. Mettetelo nel tritacarne per fare fertilizzante e portatemi l’altro per interrogarlo".


© testo e foto di Stefano di Stasio / ® Riproduzione riservata

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